Sono due anni che, tra lockdown, coprifuoco, ossessione della mascherina -quella per cui Zangrillo ha parlato di patologia psichiatrica da abuso-, green pass, super green pass, consenso non libero e non informato, i governi, questo e il precedente, hanno giocato e giocano con una notevole disinvoltura con i diritti umani e fondamentali dei cittadini.
La reazione prevalente dei mass-media, dei maître à penser e della parte conformista degli utenti dei social network, quelli che corrono in soccorso del governo qualsiasi cosa faccia, e che io chiamo “i semicolti”, è stata un continuo sminuire: “Che cosa vuoi che sia un’autocertificazione, che cosa vuoi che sia portare la mascherina, che cosa vuoi che sia stare un po’ in casa, che cosa vuoi che sia non potere andare al ristorante, che cosa vuoi che sia non potere prendere il treno: forse che sarebbe “diritto umano” andare al bar, al ristorante, allo stadio, al cinema, a teatro, al museo, in palestra, a comprare un’agendina o un trapano elettrico, o circolare liberamente? Che, non lo sai che l’art. 16 della Costituzione consente limitazioni alla libertà di circolazione? Che diritto umano sarebbe circolare, manifestare pubblicamente il proprio pensiero, in presenza di una pandemia? O forse tu pretendi di incontrare anche “non congiunti”? Perché tu pensi al sesso, in questo periodo? Non lo sai che ci chiedono dei sacrifici, e comunque non hai sentito che Pregliasco ha detto che ti puoi anche fare le seghe su internet? Non è mica un diritto umano poter prendere il traghetto da Messina a Villa San Giovanni, si vive anche senza. Forse che non lo sai che l’articolo trentadueh sul “diritto alla salute” prevale su ogni altra norma costituzionale?”
Quest’ultimo concetto è stato molto avallato da costituzionalisti televisivi di pronto intervento, meno popolari dei virologi televisivi di pronto intervento, dato che la materia è meno appassionante, e quindi il costituzionalista è meno gettonato del virologo, però i danni che procura sono forse anche maggiori. Perché non è tollerabile che fior di costituzionalisti siano andati in televisione a “illustrare” i contenuti dei DPCM, senza mai nemmeno mettere in dubbio la loro legittimità, salvo che quello è lavoro da questurino, non da costituzionalista.
A questo punto, però, occorre forse riflettere meglio su questo concetto di “diritto umano”, di “diritto fondamentale”, che questa vicenda sta riportando agli onori della cronaca. Perché quando noi sentiamo parlare di diritti umani pensiamo ad Amnesty International, che infatti è totalmente ignava e silente sulla vicenda italiana, la quale si batte ad esempio contro la tortura in ogni parte del mondo, a condizione naturalmente che si tratti di parti del mondo molto lontane, dai nomi esotici, in modo tale che nessuno sia sfiorato dal sospetto che noi si sia oggetto di tortura psicologica da due anni, perché il concetto tecnico-giuridico di tortura va saputo leggere bene, non parla mica solo di scosse elettriche ai testicoli.
Prendiamo il lockdown: il lockdown non ha inciso su questa o quella libertà, ma ha impattato su tutte simultaneamente, andando a colpire indivisibilmente la libertà stessa nel senso più alto e filosofico, trasformando la vita sociale dell’uomo in una “nuda vita” (Agamben), che, se fosse duratura in quei termini, nemmeno meriterebbe di essere vissuta, in quanto vita dei bruti e non degli uomini. E allora è emersa anche la pavidità, agevolmente indotta, di notevole parte delle persone, disponibili alla vita dei bruti pur di sfuggire l’insidioso virus.
E quindi, allora, abbiamo capito che “diritto umano” in questo senso, apparentemente più basso e in realtà più alto, non è solo la libertà dall’arresto arbitrario, ma è il potere attendere alle esigenze minimali del vivere umano e del vivere associato; più alto, nel senso che è più grave che persino queste vicende base e minime siano oggetto di “compressione”.
Togli il diritto alle persone di andare al bar, al ristorante, al cinema e tutto il resto, e che cosa ne hai fatto, se non delle amebe plasmabili a ogni bisogna? Beh, in effetti, che cosa vuoi che sia? Non è che i film di oggi siano poi questo granché, e anche il caffè non è più quello di una volta.